Urlare non serve a nulla
Urlare non serve a nulla… bisogna imparare a litigare bene.
La gran togata di questo libro è che smantella la relazione genitori-figli basata sull’accudimento e sul conseguente pericolosissimo equivoco di far coincidere la disponibilità e il coinvolgimento emotivo con l’educazione, scambiando regole per comandi, fischi per fiaschi, l’otto per il diciotto asino cotto.
Ciao, sei benvenuta/o in questa sezione del mio blog dedicata ai libri e agli ebook di coaching, leadership, personal branding, marketing umanistico, comunicazione efficace e crescita personale che hanno fatto la differenza nel mio lavoro di Mental Coach, così almeno mi piace dire.
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Distanza e chiarezza
Come insegna l’autore, i figli hanno bisogno di distanza più che coinvolgimento, di chiarezza più di discussioni.
Il genitore emotivo, che non si basa su un progetto ma su una visione spontaneistica dell’educazione, non fa altro che alimentare insicurezze e tensioni, esplodendo se il figlio non obbedisce ai comandi o se non diventa come lui vorrebbe diventasse.
Quando nel rapporto genitori figli ci si vuole imporre si perde tutti e spesso la frustrazione della mancanza di controllo, la paura di non farcela, la stanchezza di non essere ascoltati, scatenano reazioni violente, con le parole e con le mani:
il celeberrimo sberlone, perché quando ci vuole ci vuole;
le grida isteriche tribali che si sentono a quattro chilometri;
le mortificazioni più varie, dirette alla persona invece che al comportamento.
Ma urlare non serve a nulla, se non a mettere in risalto le proprie debolezze e questi tratti d’incontinenza emotiva finiscono per diventare l’eredità che trasmettiamo ai nostri figli.
Se non rispetta una regola meglio chiedersi cosa non funziona.
Reciproca distinzione e rispetto
Il genitore educativo, invece, tiene una distanza, stabilisce un contatto che non è né promiscuo né confidenziale ma è basato sulla reciproca distinzione e sul rispetto.
In questo caso il conflitto che inevitabilmente sorge tra generazioni è una questione di manutenzione relazionale (come quando porti l’auto al concessionario), un qualcosa di utile e necessario che non deve essere risolto subito, anzi (me la faccia pure quando vuole).
Bisogna darsi il tempo di scoprire cosa c’è sotto la punta di quell’iceberg, cosa brucia sotto la cenere.
Bisogna saper stare nei conflitti proprio per creare l’antidoto alla violenza.
Il problema di bulli è che non sanno litigare, perché passano subito alle maniere forti.
Allo stesso modo le urla allarmano ma non educano.
Ecco perché occorre guadagnare la giusta distanza non solo dalle emozioni del figlio o della figlia, ma anche e soprattutto dalle proprie.
Una bella camomilla, un massaggio ai piedi, una passeggiata.
Nei momenti in cui prenderemmo la clava di Fred Flinston dobbiamo saper prendere tempo, darsi un appuntamento, definire e negoziare una regola.
Negoziare bene
Se nell’infanzia serve la chiarezza comunicativa delle regole, nell’adolescenza ci vuole strategia, capacità di ascolto e soprattutto di negoziare.
In un conflitto la soluzione non è importante.
Ad essere fondamentale è il processo come fonte di apprendimento.
Bisogna saper negoziare per raggiungere un accordo che tenga presenti i bisogni di autonomia, di libertà dell’adolescenza e anche la responsabilità educativa dei genitori.
L’educazione è un fatto organizzativo.
Daniele Novara
Un grande libro per una grande verità: